Prova a non sbadigliare
Il nostro corpo è strano e il nostro cervello, in effetti, fa delle cose alle nostre spalle senza neanche chiedere il nostro parere. Fa strani rumori, produce secrezioni da posti da cui non dovrebbero provenire, non ci chiede il permesso per ridere, starnutire, stare eretti, filtrare le informazioni e sbattere le palpebre.
Provate a non sbadigliare
Ricordate le vecchie auto che nelle più calde giornate estive iniziavano a “fumare” per l’eccessiva temperatura dell’acqua? Qualcosa di simile capiterebbe anche al cervello umano. Secondo alcuni studiosi, sbadigliando non si fa altro che “refrigerare” il cervello che ha raggiunto una temperatura troppo elevata. Probabilmente, “raffreddando” il cervello si migliorano le prestazioni cognitive. Ma perchè è contagioso? Secondo gli scienziati, per capire questo fenomeno bisogna andare indietro nella storia dell’evoluzione, quando i primi uomini vivevano in gruppi e la difesa dagli attacchi esterni richiedeva un’attenzione costante e reciproca tra gli individui. Lo sbadiglio, destinato a mantenere acceso lo stato di vigilanza, doveva pertanto essere “condiviso” da tutti. Una sorta di allarme naturale che, con l’evoluzione, avrebbe perso molta della sua utilità lasciandoci solo una tremenda sensazione di stanchezza e assopimento quando il cervello è surriscaldato!
Giochiamo a chi batte le palpebre per primo
Battere le palpebre serve a spazzare via le impurità, idratare l’occhio e proteggerlo. Il battito può essere provocato anche dal contatto con un corpo estraneo oppure da una luce intensa o da un suono molto forte. Principalmente, però, serve a idratare gli occhi con le lacrime e questo impulso è dato dal cervello. Noi battiamo le palpebre in media tra le dieci e le venti volte al minuto. L’unico modo per fermare il battito è pensarci, ma dura poco, poi siamo costretti a sbattere le palpebre o i nostri occhi cominceranno a bruciare, lo sanno bene quelli che, da piccoli, hanno giocato a chi chiude prima gli occhi!
Un’altra cosa che il corpo fa da solo è ridere
Dopo aver percepito qualcosa di divertente, il cervello fa mutare l’espressione del viso e fa esplodere in una risata. Non ridere è molto, molto complicato. Per scoppiare a ridere si modifica il ritmo respiratorio, le scosse che si ripercuotono nella laringe con contrazioni concatenate dei muscoli facciali e addominali, scopertura dei denti, e talvolta lacrimazione. È un riflesso fisico incontrollabile che fa parte del vocabolario umano universale. Ci sono migliaia di lingue, centinaia di migliaia di dialetti, ma tutti ridono più o meno allo stesso modo. Infatti i bambini hanno la capacità di ridere prima ancora di parlare; anche i bambini che nascono ciechi e sordi conservano tuttavia la capacità di ridere.
È complicato non starnutire
Lo starnuto è un atto riflesso respiratorio, che consiste in una violenta emissione d’aria dai polmoni. È indotto dall’attivazione di sensori nervosi che si trovano nel naso o nelle zone vicine che innescano un riflesso automatico: i polmoni immagazzinano un notevole volume d’aria con un’inspirazione profonda, mentre viene coordinata la contrazione dei muscoli del torace, della faringe e della laringe; per un momento le vie aeree si ostruiscono e il battito cardiaco aumenta; quando la pressione dell’aria nei polmoni diventa troppo alta, i muscoli si rilassano rapidamente e le vie respiratorie si aprono. L’aria viene così spinta con forza fuori dai polmoni e si ha lo starnuto.
Molti di questi riflessi incontrollabili sono ancestrali, derivano dalla necessità di salvaguardare la vita: pensiamo alla piloerezione, ovvero al momento in cui si rizzano i peli sul corpo: nei tempi antichi questo serviva a mantenere il calore; ora non serve più a nulla ma il riflesso rimane presente ancora oggi.
Imparare a essere automatici
Questi sono tutti automatismi naturali comuni, funzioni incontrollabili strettamente fisiologiche. Ma esistono cose automatiche che il nostro corpo fa che derivano dall’apprendimento,
Imparare a stare in piedi
Se pensiamo ai bambini piccoli, risulta chiaro che stare in piedi su due gambe non è affatto facile. Fin dalla nascita i bambini, senza che noi ne siamo consapevoli, iniziano il lungo processo che li porterà ad imparare a camminare. La posizione eretta ha permesso ai primi ominidi di avere le mani libere per usare strumenti e armi, ma è uno sviluppo acquisito, fra 4 e 7 milioni di anni fa. Ancora oggi, a differenza di alcuni animali come cavalli o scimmie che sanno camminare dalla nascita, i neonati umani devono attraversare diversi passaggi prima di camminare senza aiuto. Camminare non è però cosa semplice, richiede forza, buon equilibrio, capacità di dissociare i movimenti di alcune parti del corpo. Per tenerci in piedi il cervello utilizza innanzitutto gli occhi e i muscoli; inoltre valutando le distanze ed il suolo, ci consente di camminare, di afferrare gli oggetti e di collocarci nello spazio.
Il movimento della bocca per parlare
Parlare e articolare suoni sono comandi molto semplici da impartire al nostro corpo. Ma dietro a un’azione quasi automatica, c’è un complesso meccanismo che coinvolge “un’orchestra” interna con il movimento coordinato delle labbra, della lingua e della laringe che è necessario per articolare vocali e consonanti. Il cervello lo fa meccanicamente e noi non abbiamo bisogno di pensarci.
Altri automatismi acquisiti
Esistono altri automatismi che derivano dall’apprendimento, come andare in bicicletta o guidare la macchina. Una volta che si è imparato non si scordano più i gesti: il cervello li impara a memoria e li trasmette senza che ce ne accorgiamo. Questo meccanismo è chiamato memoria procedurale. Ad esempio, le prime volte che guidiamo un’automobile, il nostro comportamento non è automatico ma altamente controllato: dedichiamo tutta la nostra attenzione ad analizzare attentamente il flusso di eventi e informazioni che proviene dalla strada e dal cruscotto, ragioniamo su cosa dobbiamo fare con le mani, cosa con i piedi, quando lo dobbiamo fare e come lo dobbiamo fare. Ma dopo un certo numero di ore alla guida, il comportamento di mani e piedi diventa progressivamente automatico: scattano da soli senza che ci riflettiamo su.
Nella vita di un essere umano, ogni giorno rappresenta un grande carico di dati; il cervello deve quindi ordinare i pensieri, preservando solo i più importanti, al fine di evitare un’overdose. Per questo è importante anche dimenticare!
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