Tampone o test sierologico? Come si diagnostica il Coronavirus?
Sono giorni difficili per tutti e il pensiero ricorrente è come fare il tampone per scoprire se siamo stati infettati dal COVID-19, il virus della sindrome respiratoria acuta grave.
Si chiedono a gran voce i tamponi, ci si domanda perché non farli a tutti. E ora si sente parlare continuamente anche dei nuovi test sierologici.
Proviamo a fare un po’ di chiarezza cercando di rispondere al meglio ai dubbi e alle domande che tanti ci pongono.
Come si preleva il campione per il tampone naso-faringeo
Il personale incaricato dei prelievi è composto da operatori sanitari specializzati, che devono obbligatoriamente indossare i dispositivi di protezione individuale. Sappiamo bene quali sono: tuta o camice protettivo, occhiali, visiera, cuffia sui capelli, guanti monouso e mascherine della classe adeguata a proteggere le vie respiratorie dal virus eventualmente in sospensione nell’aria: le FFP2 o FFP3.
Così protetti, gli operatori sanitari potranno effettuare il tampone naso-faringeo. Per prelevare il campione si utilizzano due lunghi cotton fioc, che andranno a toccare in profondità la gola e le cavità nasali.
L’analisi del campione naso-faringeo
Eseguito il tampone, sul campione prelevato si va a eseguire un test di biologia molecolare destinato a individuare la presenza dell’RNA (acido ribonucleico). L’RNA è una sorta di precursore del DNA, una molecola che contiene “l’informazione genetica” ma è anche in grado di catalizzare reazioni biochimiche. Diversi virus utilizzano l’RNA, invece del DNA, per costituire e contenere il materiale genetico
Nel caso del COVID-19, l’RNA prelevato da un soggetto infetto contiene le istruzioni genetiche del SARS-CoV-2. Quindi, individuata la presenza di un virus della famiglia dei Coronavirus, si cercano i marcatori genetici specifici del SARS-CoV-2.
Quanto è affidabile il tampone naso-faringeo
La capacità del tampone di individuare un soggetto negativo al virus, e quindi sicuramente non infettato, è quasi del 100%, mentre c’è il 99% di possibilità che se il test è positivo il paziente sia infetto.
Questo, però, solo se il tampone viene effettuato nei tempi giusti, cioè quando è già presente una carica virale sufficiente. Se si sottopone un paziente al tampone in assenza di sintomi o con sintomi appena accennati, il risultato potrebbe essere un falso negativo.
Nel dubbio bisognerebbe effettuare un nuovo tampone, ma senza aspettare troppo per non rischiare di far progredire la malattia.
Fare il tampone naso-faringeo a tutti non serve
Quindi, fare il tampone a tutti indiscriminatamente non serve, anche perché risultare negativi non significa essere immuni. Potremmo prendere il virus successivamente, lavorando in ospedale o anche andando a fare la spesa, e certo non si può fare il tampone tutti i giorni. Senza contare che molte persone con Covid-19 presentano sintomi molto leggeri o sono addirittura asintomatiche.
La quantità di analisi da effettuare se tutti venissero sottoposti a tampone, anche più volte, sarebbe tale da non essere realizzabile: immaginiamo una città di 1 milione di abitanti: 1 milione di tamponi da analizzare negli stessi laboratori che, comunque, devono anche eseguire tutte le normali analisi di routine.
Quando si deve effettuare il tampone naso-faringeo per valutare la positività al Covid19
Le linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ci dicono che al tampone devono essere sottoposti i soggetti che presentano più di un sintomo (febbre oltre i 37,5 °C e tosse secca), o che sono entrati in contatto con persone risultate positive oppure che hanno avuto contatti in ospedale con un paziente positivo anche in assenza di sintomi.
I test sierologici per rilevare il Coronavirus
Mentre i tamponi servono a individuare la presenza del virus nelle mucose respiratorie, i test sierologici permettono di individuare le persone che sono entrate in contatto con il SARS-CoV-2. Infatti, questi test possono individuare gli anticorpi che il nostro sistema immunitario ha prodotto in risposta al virus.
Immaginiamo un virus comune, la varicella ad esempio: anche se l’abbiamo avuta in forma lieve, gli anticorpi che hanno combattuto la malattia ne conserveranno memoria, proteggendoci dalle infezioni future.
Non sappiamo ancora quanto dura l’immunità al SARS-CoV-2, ma i test sierologici possono essere di grande aiuto nel fornirci un quadro più chiaro della diffusione del virus e di come e quando si possano allentare le misure di contenimento.
Come si effettuano i test sierologici per rilevare il Coronavirus
Esistono due tipologie di test sierologici, rapidi o quantitativi.
I test rapidi vengono effettuati grazie al semplice prelievo di una goccia di sangue dal polpastrello. L’analisi è molto veloce, pochi secondi per stabilire se il soggetto ha prodotto anticorpi, cioè è entrato in contatto con il virus.
Per fare il test quantitativo, invece, serve un vero e proprio prelievo di sangue. L’analisi di laboratorio ci dirà quanti anticorpi sono stati prodotti.
In entrambi i casi, si dovranno cercare gli specifici anticorpi IgM e IgG, le immunoglobuline che il sistema immunitario produce in caso di infezione.
Le IgM sono le prime a venire prodotte per difenderci dal virus, per poi lasciare spazio alle IgG.
Se il test sierologico rileva le IgG, vuol dire che il contagio si è verificato da almeno 3 settimane senza produrre sintomi evidenti, e quindi la persona dovrebbe essere immune.
Quanto sono attendibili i test sierologici per il Coronavirus
Non tutti i test sierologici in circolazione attualmente sono attendibili, infatti il Ministero della Salute sta lavorando assiduamente per verificarne la validità nel più breve tempo possibile, in modo da poterli applicare rapidamente su scala nazionale.
Sarebbe troppo pericoloso se test sierologici non validati fossero applicati indiscriminatamente, ottenendo dei falsi positivi su persone che non hanno veramente contratto il virus.
Attualmente si stanno confrontando i dati ricavati dai tamponi con quelli dei test sierologici: un controllo incrociato necessario a definire la validità dei test. È assolutamente necessario poter ottenere dati certi su quante persone hanno realmente incontrato il virus per poter gestire la seconda fase della pandemia allentando le misure restrittive e di isolamento sociale.
Non si tratta comunque di sottoporre l’intera popolazione ai test, ma una percentuale campione che permetterà di conoscere la diffusione geografica e nelle diverse fasce di età e il grado di effettiva letalità del virus.
Inoltre, l’immunità è la base su cui gli studiosi stanno lavorando alla ricerca del vaccino che ci potrà liberare definitivamente dal SARS-CoV-2.
Nel frattempo, dobbiamo continuare a rispettare le regole che ormai tutti conosciamo: restare a casa il più possibile, mantenere le distanze nei luoghi pubblici, indossare sempre la mascherina e lavarsi le mani il più spesso possibile.
Cosa fare nel dubbio di esserci ammalati di Covid-19
In presenza di sintomi quali febbre oltre i 37,5 °C, tosse secca, congiuntivite o dolori muscolari, è necessario avvertire il proprio medico di base che potrà valutare se è effettivamente il caso di effettuare il tampone.
Se non è possibile contattare il proprio medico, non bisogna assolutamente andare in ospedale, e neppure in farmacia. Se si pensa di aver contratto l’infezione, si devono contattare gli operatori sanitari che rispondono ai numeri telefonici 112 o 1500. Gli operatori valuteranno la situazione per decidere se è il caso di effettuare il tampone a domicilio, evitando così che il contagio si diffonda.
Le informazioni fornite in questo articolo hanno natura generale e sono pubblicate a scopo puramente divulgativo, pertanto non possono sostituire in alcun caso il parere del medico.