Antibiotici in gravidanza? Fai attenzione!
Gli antibiotici vanno sicuramente dati con misura ai bambini, durante l’età infantile. Ma in realtà con gli antibiotici non si dovrebbe esagerare fin dalla gravidanza. Il cattivo utilizzo di questi farmaci salvavita è – a tutti i livelli – correlato con l’aumento del fenomeno della resistenza, grazie alla quale anche i microrganismi più aggressivi riescono a eludere l’intervento dei farmaci. Se però il «fai-da-te» è attuato nel corso della gestazione, si corre pure il rischio di condizionare la salute del nascituro: favorendo l’aumento di condizioni quali il sovrappeso e le malattie infiammatorie croniche intestinali, morbo di Crohn e rettocolite ulcerosa.
Malattie infiammatorie intestinali e gravidanza
Le malattie infiammatorie croniche intestinali, fino a non molto tempo fa, venivano considerate dai pediatri condizioni rare nel bambino. Oggi si sa che, almeno nei Paesi occidentali, l’aumento dei numeri si registra anche tra i più piccoli. La genetica ha un ruolo rilevante: nella malattia di Crohn più che nella rettocolite ulcerosa. Ma il recente trend non può non lasciar pensare all’impatto degli stili di vita moderni: dal maggiore consumo di cibi industriali all’abuso di antibiotici, dal fumo a una quotidianità più sedentaria. Tutti aspetti che hanno un «approdo» comune: la modifica del microbiota intestinale, già studiata da un gruppo di specialisti dell’ospedale pediatrico Meyer di Firenze, in relazione alle scelte alimentari.
Il Microbiota intestinale
Miliardi di organismi, soprattutto batteri, popolano il nostro intestino. Questo popolo di microbi chiamato microbiota ci aiuta ad assimilare il cibo, ci protegge da molte malattie e ci fa stare meglio.
Un’alterazione della sua composizione in chiave patologica avrebbe un ruolo preponderante nell’insorgenza di malattie quali il morbo di Crohn e la rettocolite ulcerosa. Non l’unico, probabilmente, dal momento che poco si sa dei meccanismi alla base dell’insorgenza di queste malattie. Ma il suo ruolo – questo è ormai riconosciuto in maniera pressoché unanime – non è da trascurare. Ecco perché si continuerà a studiare il «link» con l’utilizzo di antibiotici, con cui il bambino può entrare in contatto sia durante la gravidanza sia nei primi anni di vita. Una somministrazione eccessiva o errata – dal momento che la maggior parte di questi farmaci riesce ad attraversare la placenta – è in grado di alterare la composizione della flora intestinale. E questo possibile «rimescolamento», oltre che alla possibile insorgenza di una malattia infiammatoria intestinale, è da tempo studiato anche come possibile concausa di insorgenza di condizioni neurologiche e oncologiche (in particolare il tumore del colon-retto).
Antibiotici in gravidanza: quando e quali
Da qui l’indicazione a ricorrere agli antibiotici soltanto quando strettamente necessario, nel corso dei nove mesi (anche se i rischi per il feto, in generale, si riducono dopo il terzo trimestre). Occorre fare una prima grande distinzione, tra infezioni di origine batterica e virale. È soltanto nel primo caso che gli antibiotici – studiati appositamente per sconfiggere i batteri e non i virus – si rivelano efficaci rimedi terapeutici.
«Le infezioni più comunemente riscontrate durante la gravidanza sono quelle del tratto urinario, quelle sessualmente trasmesse e delle vie respiratorie. «Gli antibiotici rappresentano quasi l’80 per cento di tutti i farmaci prescritti durante la gravidanza e quasi una donna su quattro riceve una terapia di questo tipo durante la gestazione – dichiara Caterina Palleria, farmacologa dell’Università Magna Graecia di Catanzaro -. Laddove il trattamento farmacologico fosse necessario, i farmaci da utilizzare come prima scelta sono i beta-lattamici (penicilline, cefalosporine, carbapenemi, ndr). Oggi abbiamo a disposizione una mole di dati sufficiente a considerare sicuro il loro uso durante la gravidanza».
Fonte: Fondazione Veronesi
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